Il frutto del drago

Il frutto del dragoNarra la leggenda che il frutto del drago sia stato creato dall’ultimo respiro di un drago morente. Per questo gli assomiglia così tanto.

Il frutto, noto anche come pitaya, ha una buccia di color rosso intenso e quelle che sembrano squamette verdi sono in realtà brattee, ovvero foglioline rudimentali. L’interno contiene una polpa morbida piena di semini neri. La polpa può essere bianca o rossa, in questo caso è ricca di licopene, un carotenoide con funzioni di antiossidante.

Il modo migliore di mangiarlo è freddo, scavandolo dalla buccia con il cucchiaino come fareste per un sorbetto. Ve lo potrebbero servire anche a fettine o frullato. Potete tranquillamente ingoiare i semini, attraverseranno indisturbati il vostro sistema digerente. Il sapore della polpa è delicato e ricorda quello del melone o dei kiwi. Io lo accompagnerei con un buon bicchiere di teroldego, il vino al sangue di drago.

La pianta che produce il frutto del drago è un cactus (Hylocereus undatus) originario delle zone aride di Messico, Guatemala e Costa Rica. La leggenda della derivazione del frutto dall’ultimo respiro di un drago morente non viene da lì, ma dall’Asia, dove la coltivazione è iniziata con successo un centinaio di anni fa. In questo contesto culturale ha senso la seconda parte della leggenda, con il respiro del drago offerto all’imperatore come prova dell’uccisione del drago. Il coraggioso guerriero, dopo aver dimostrato il suo valore, può quindi chiedere in premio di mangiare parte della creatura sconfitta, assumendone i poteri.

fiori del cactus. Foto di Brocken InagloryIl cactus fiorisce di notte, approfittando della temperatura più bassa, e profuma di vaniglia. I fiori sono giganteschi, arrivando fino a 30 cm. Il profumo serve ad attrarre gli impollinatori, a cui la pianta regala nettare in cambio del servizio di trasportare il polline necessario per la riproduzione direttamente a destinazione.

Emette delle radici aeree con le quali riesce ad attaccarsi ad alberi, ne sfrutta l’altezza per far ricader i suoi rami lontano dall’aria ferma vicino al suolo, in modo che il profumo si diffonda meglio.

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