L’incidente



Steampunk:

Introspezione:

Maria riaprì gli occhi, i contorni confusi di un volto gli riempirono la visuale.
«Maria, Maria come ti senti?»
La ragazza sbatté le palpebre un paio di volte e le immagini divennero più chiare. Lo sguardo venne attratto da i fiochi lumi appesi alle pareti, l’odore d’olio bruciato e sangue gli riempì le narici.
«Lord Pitagor, che mi è successo?» L’uomo si accarezzò la barba titubante.
«Un piccolo incidente. Ma non preoccuparti. Ho rimesso tutto a posto.»
«Incidente? Quale incidente?»
«Ti ricordi la mia invenzione, il motore a scoppio? Beh, è esplosa.» rispose il vecchio.

La ragazza provò ad alzarsi ma senza successo, gli arti sembravano piombo fuso.
Le assi grezze e i chiodi del tavolaccio su cui era adagiata le segnavano la pelle. Il telo sudicio, che lo ricopriva, accentuava il suo fastidio.
«Perché non riesco a muovermi? E dove sono i miei vestiti? Non avrà osato…» balbettò la fanciulla.
«Non mi permetterei mai. Anche se devo ammettere che hai un notevole…»
«Lasci stare le mie notevolezze! Arrivi al dunque!
» ribattè stizzita.
«Ecco nell’incidente hai avuto… come dire? Qualche problema» farfugliò l’anziano.
«Che problema?»
«Per farla breve, hai perso braccia e gambe. Anche un po’ di addome e altre cose di poco conto.»
Maria scoppiò in lacrime.

«Mia ha resa storpia» singhiozzò disperata.
«Mia cara ragazza, calmati. Come ti ho già detto, ho sistemato tutto.»
La fanciulla frenò la sua disperazione e osservò Lord Pitagor vagabondare per il laboratorio. Il vecchio mise del carbone in quella che un tempo era la sua pancia e vi gettò un fiammifero. Uno scatto metallico concluse l’operazione.
«Ma vuole bruciarmi? È forse impazzito?»
«Pazienta mia cara e abbi un briciolo di fede.»
Maria sentì il calore diffondersi nei visceri e spandersi in tutto il corpo. Strane vibrazioni le scossero gli arti, un sibilo riempì l’aria per qualche secondo per poi interrompersi con uno sbuffo.

«Ora alzati!» ordinò l’inventore.
«Ma se mi ha detto…»
«Provaci! Alzati!» incalzò il vecchio.
Maria cercò di flettere i muscoli addominali, ne seguì uno sbuffo caldo e di ritrovò seduta sul suo letto improvvisato.
Diede ordine alle braccia e vide due blocchi di metallo percorsi da vari tubi, alzarsi davanti agli occhi.
Stette qualche istante a fissarsi le mani. Ogni dito era formato da tre cilindri uniti tra di loro da dei piccoli perni. Provò a flettere le sue nuove dita e notò che rispondevano ad ogni suo comando.

«Dai, in piedi, ci puoi riuscire!» continuò Lord Pitagor.
Maria eseguì l’ordine. Le gambe erano simili alle braccia solo un po’ più lunghe.
Mosse qualche passo incerto tra gli sbuffi di vapore che emanava il suo corpo.
L’uomo prese la sua creazione per mano e la guidò lentamente nei suoi primi passi. La condusse davanti a uno specchio.
«Guardati! Sei meravigliosa.»
Maria contemplò la sua immagine, le sue nuove appendici erano affrancate tramite grosse graffe di metallo, la carne sulle giunture era ancora arrossata e tumefatta. Dal costato uscivano quattro tubi, ognuno di loro si collegava ad un arto.

«Sono un mostro!» urlò, mentre altre lacrime scendevano sulle guance.
«Non dire sciocchezze! Sei stupenda, la mia opera meglio riuscita. Inserirti una caldaia nella pancia è stata un impresa epocale. Poi mi serviva una fonte d’acqua, ma per quello ci penseranno i tuoi reni. Sei un capolavoro di ingegneria applicata all’uomo.»
«Sono un mostro. Non troverò mai marito» replicò.
«Non hai ancora capito. Questo nuovo corpo è molto più funzionale. Immagina di dover impastare il pane.»
«Ma le sembra il momento?»
«Fidati di me»
Maria si concentrò. Si rivide mentre con le sue mani impastava la segale, i filamenti di pasta che le impiastricciavano le dita e il dolce profumo del pane appena sfornato.
Il braccio prese a vibrare, il vapore usci dalle giunture spingendo la mano a ripiegarsi su se stessa fino a toccate l’avambraccio. Dallo spazio rimasto vuoto uscirono tre mestoli roteanti.
«Visto. Non è fantastico» esultò Pitagor «e ti ho fatto altre meravigliose aggiunte. Sei la donna che qualunque uomo vorrebbe avere.»

Maria dedicò qualche istante a contemplare il proprio corpo.
«Mi dia qualcosa per coprirmi.»
«Certo! Che sciocco. Una signorina non deve mostrare le sue grazie.»
Lord Pitagor afferrò un lenzuolo lurido d’olio e glielo porse, nel mentre una lucina rossa prese a lampeggiare sulla mano della ragazza.
«Maria, ascoltami bene quella luce indica che la pressione è troppo altra. Devi scaricare il vapore.»
«Come faccio?» domandò.
«Come fanno tutti gli uomini quando rilasciano gas.»
«Una signorina per bene non fa certe cose!»
«Maria lascia perdere l’etichetta e rilascia!» ordinò l’anziano.
«Mai! È disdicevole»
«Maria, fallo subito»
Il boato riempì la stanza.

Diego Ducoli


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